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Intervista a Silvio Berlusconi: « Non so cosa sia il web! »

please ROMA – L’intervista è di pochi giorni fa. «Qual è la rilevanza del web e dei blog raffrontando la campagna statunitense con quella italiana?» chiede Federico Luperi di Adnkronos a Silvio Berlusconi. «Non sono io la persona più adatta a darle una risposta realistica, con una conoscenza del mezzo che francamente non ho» – risponde il candidato premier del PdL, e prosegue – «sono sempre meravigliato da come su un aereo, tirando fuori un telefonino, si riesce ad avere tutto: la storia, la tradizione, i numeri, addirittura le fotografie della tua casa per sapere in che condizioni di tempo si è. Infatti lo dico sempre ai miei collboratori: mi sa che davvero hanno ragione quando dicono che io sono troppo vecchio per governare un paese moderno».

Non avevo alcuna voglia di usare le pagine di Scripta Volant per parlare di politica in campagna elettorale. Si rischia d’essere tacciati per partito preso di partigianeria verso questo o quello, di solito a torto. E di perdere pure un po’ della proverbiale ironia. Chi mi legge da qualche tempo, sa bene quanto insista logorroicamente sul fatto che l’innovazione tecnologica sia uno degli aspetti centrali per lo sviluppo del nostro paese, e come cerchi di inculcare nelle varie primedonne (senza distinzione di gonna) un briciolo di consapevolezza in proposito. Ne ho parlato più lungamente alcuni giorni fa in un commento sul Corriere della Sera online ospitato nel blog del direttore, e in un editoriale precedente su Punto Informatico, ma anche di persona con alcuni dei personaggi in causa. Ciò che è interessante, è individuare il grado di consapevolezza del politico italiano verso il ruolo che l’innovazione tecnologica sta giocando nell’economia e nella società contemporanea. Di dirigenti e politici, negli ultimi anni, ne ho conosciuti vari, di più schieramenti e d’ogni estrazione.

Ebbene: il grado di consapevolezza è preoccupante, con qualche rara eccezione, ma generalmente preoccupante. Molta sinistra ha un’idea di base, ma vaga, imprecisa e stereotipata (“viva l’Open Source”, “viva le licenze libere”, “viva Linux”, “gli mp3”, e così via). Molta destra non ha il benché minimo polso della situazione, e spesso ne ha una paura preconcetta fatta di pedofili, peer to peer, satanismi, e così via. Forse per questi motivi i temi della ricerca e dell’innovazione sono completamente assenti dai programmi elettorali di questo aprile 2008. E pochissimi lo stanno denunciando (Punto Informatico, Interlex, Stefano Quitarelli, Sky con Montemagno, Il Manifesto con De Palma, il Corriere ospitando il sottoscritto, ma nessun altro: meno che mai quella televisione o quella carta stampata ancora tanto importanti nella nostra Italia analogica).

Senza un piano serio per l’innovazione l’Italia rischia davvero quel declino verso cui ha già voltato la prua con decisione. E non c’è alcun medium a pungolare affinché il comandante si desti. La ricerca, l’innovazione tecnologica e delle infrastrutture sono temi storicamenti complementari con lo sviluppo economico: dalla nascita dell’industria, all’automobile, dall’ICT in India, fino alla venuta del Web. E intanto, secondo il CNR, l’Italia spende solo l’1,1% del PIL in ricerca, contro il doppio della media europea. E ci perdiamo nel corpus normativo più imponente d’europa (10 piani di morbidezza di più di 50 mila leggi) e nei processi più impervi d’Europa. E la banda larga resta un miraggio per molti italiani. «E Bologna, Bologna coi suoi orchestrali». L’introduzione di un serio piano infrastrutturale per le reti Wi-Fi incrementerebbe il bacino di consumatori ed utenti in modo esponenziale. Ma ci vuole una visione di medio-lungo periodo per farlo. E una buona dose di coraggio elettorale. E data la durata media dei governi italiani – poco più di 300 giorni -, è come pretendere che una lumaca storpia batta in volata un giaguaro sui cento metri ostacoli, o come credere ancora alle blitzkrieg germaniche.

Ma torniamo all’intervista con cui ho aperto. Ci troviamo di fronte alle dichiarazioni di uno dei due candidati alla presidenza del consiglio italiana: e a una presa di posizione talmente iperbolica da sembrare incredibile, da far ridere. Come la notizia di quell’astronomo iracheno che qualche giorno fa rivelava al mondo la riscoperta della Terra piatta. Astronomo tricolore candidato a governare uno dei maggiori paesi europei per i prossimi cinque anni: il nostro.

(link diretto) Ebbene le parole di Berlusconi dimostrano semplicemente un’inadeguatezza profonda. Culturale. Preoccupante. Di chi dovendo disegnare scenari futuri, può portare con sé solo l’incapacità di cogliere i più evidenti cambiamenti degli ultimi quindici anni. E ci ridiamo su, perché è ironico, perché fa lo stesso, perché è bravo a raccontare le battute sulle cosce della moglie e a fare le corna agli incontri istituzionali. Ma qui parliamo di sviluppo, di trattare e mediare gli interessi della nostra nazione coi maggiori capi di stato del mondo.

Qualcuno ride nella platea davanti all’intervistato. Anche lui ride. In effetti c’è da ridere: mancano sette giorni alle elezioni e siamo rimasti negli anni ’80 di Drive In e di Colpo Grosso. Al governo, però, non su Italia Uno.

Luca Spinelli

(fonte foto)

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