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Perché il plurale di curriculum è curriculum!

Qual è il plurale di currculum?Qual è il plurale di curriculum? È una di quelle domande che non fanno dormire le orde di poveri ragazzi (o ex ragazzi) che li redigono, mentre sperano di trovare qualcuno che li legga. Ma soprattutto: si dice curriculumcurricula? E che figura ci facciamo se lo scriviamo male?

Qual è il plurale di curriculum?

Iniziamo con una risposta diretta alla domanda: il plurale di curriculum è curriculum. Il termine resta invariato.

  • Il singolare di curriculum è: curriculum.
  • Il plurale di curriculum è: curriculum.

Se invece, per qualche esotica ragione, stessimo parlando in latino, useremmo curricula. Il plurale di curriculum in latino, infatti, è curricula. Considerando però che i parlanti del latino sono ormai da secoli pochi filologi o teologi, con ogni probabilità rientriamo nella categoria di coloro che parlano italiano. Per tutti questi, il plurale di curriculum è curriculum. Ora vediamo perché.

Esiste un plurale di curriculum in italiano?

Come detto, la forma corretta del plurale di curriculum in italiano resta curriculum. Per precisione, comunque, esistono due forme pienamente accettate:

  1. curriculum, nella sua forma invariata.
  2. curricoli, dal singolare curricolo, entrambi già ampiamente attestati nella lingua italiana da più di un secolo (Bollettino Ufficiale del Ministero dell’Istruzione, Vol II n. 32, 1912), e in svariati dizionari italiani (Gabrielli, Garzanti, Sabatini Coletti, Zingarelli, Treccani).

Ogni altra forma è, quantomeno, poco giustificabile.

Perché il plurale di curriculum è curriculum?

La domanda è frequente: perché il plurale di curriculum è curriculum e non curricula, come alcuni dicono? Perché l’italiano è una lingua neolatina, ma non è latino. Il latino è una componente fondamentale dell’italiano, ma le due lingue non condividono la grammatica né gran parte del vocabolario. Ogni idioma ha dei progenitori, ma non per questo ne assume immutate le regole grammaticali o sintattiche. Non l’ha fatto nemmeno l’italiano, che ha proprie regole e costumi sull’utilizzo e formazione del numero (cioè del singolare e del plurale), diverse dal latino, e ha proprie regole sull’utilizzo delle parole acquisite da altre lingue (i cosiddetti forestierismi).

La prassi generale è semplice:

  • I forestierismi che entrano a far parte dell’italiano mantengono invariata la forma con la quale sono entrati. Siano essi entrati nella forma plurale o in quella singolare. Le eccezioni sono rarissime.

Perciò: visto che curriculum è entrato nella lingua italiana nella forma singolare, al plurale fa ugualmente curriculum, e non curricula. Esattamente come chef, golpe, film, computer, ma anche vocaboli giunti dal latino, come bonus, iter e corpus, che al plurale latino farebbero boni, itinera e corpora (altri esempi sono citati nell’ultimo paragrafo di questo articolo). Ad affermare ciò, senza dubbi, sono le fonti linguistiche più autorevoli, fra le quali Treccani (La grammatica italiana, 2012), Zingarelli (2014), Migliorini (Lingua contemporanea, Sansoni, 1943), Castellani (Grammatica storica della lingua italiana, 2000, Il Mulino, ISBN 9788815072290), Marazzini (L’italiano è meraviglioso, Rizzoli, 2018, ISBN 9788817099714). Citando proprio il libro di Marazzini, presidente dell’Accademia della Crusca:

«Sicuramente alcuni penseranno che i curriculum in italiano sia scorretto. Costoro non hanno ragione, perché vige la regola che le parole straniere (quelle più comuni), siano esse inglesi o francesi o latine, restano invariate al plurale.»

Se n’è finalmente accorta, dopo più di quindici anni ostinati e contrari, anche l’Accademia della Crusca. È pur vero che ogni parola fa storia a sé, e che in una lingua viva è sempre il maggiore utilizzo a vincere. Ma anche se, per pura supposizione, non esistesse un utilizzo prevalente, quali sono i vantaggi di farsi portatori di un’eccezione non motivata da solide ragioni linguistiche?

Perché alcune persone dicono curricula?

Alcuni dicono curricula perché in latino il plurale di curriculum è curricula: far sfoggio di un po’ di cultura nozionistica è una moda diffusa in Italia, specie per chi ha solo quella. Tuttavia, come detto, ogni lingua ha la propria grammatica e le proprie regole per la formazione del plurale e del singolare: sarebbe forse più prudente conoscere e applicare quelle, prima di avventurarsi nel nozionismo da parvenu.

Eppure, a volte, fra i docenti delle nostre università o fra chi il nostro curriculum deve leggerlo, l’unico plurale di curriculum accettato senza essere vittime di sorrisini o sguardi altezzosi è proprio quel curricula. Personaggi più o meno altolocati scrutano con sospetto e malcelato snobismo chi per quel plurale utilizza la forma singolare invariata – e corretta – curriculum.

Vaglielo a spiegare che il latino non condivide la grammatica con l’italiano. Vaglielo a spiegare che in italiano i forestierismi mantengono la forma con cui sono entrati nella lingua. Vaglielo a spiegare che a ignorare è lui, sì proprio lui, che quel curriculum lo sta guardando col suddetto malcelato sorrisino.

Come posso far capire che il plurale di curriculum è curriculum?

A chi tenterà di correggere i nostri curriculum in curricula, potremo chiedere cosa avesse votato agli ultimi referenda (referendum). Potremo sussurrargli all’orecchio che nei fora (forum) di discussione ci sono orde di studenti, o clienti, che ne dicono di cotte e di crude su di lui e sul suo di curriculum. Potremo emozionarlo narrandogli di quella bellissima tournée del suo cantautore preferito, tenuta nei più importanti auditoria (auditorum) di tutto il paese per promuovere i suoi ultimi alba (album). E potremmo magari intimidirlo menzionando quei segretissimi memoranda (memorandum) che parlano di lui.

Casomai, se dopo avergli spiegato le nostre ragioni fosse un po’ impallidito, potremmo invitarlo a fare una lampada abbronzante in uno dei tanti solaria (solarium) vicino alla sua università o azienda, tanto autorevole quanto latitante nelle classifiche internazionali di rendimento. Se non si fosse ancora convinto, con l’aiuto di un collega, potremo fargli recapitare due definitivi ultimata (ultimatum) per fargli cambiare idea. Chissà che non si convinca.

Qualcuno, forse, a questo punto obietterà: ma nel caso di mass media? Perché si usa il plurale latino e non si dice piuttosto mass medium? Per lo stesso motivo: la locuzione mass media, come attestano i maggiori dizionari etimologici italiani, è entrata nella lingua italiana nella forma plurale, passando dal latino alla lingua inglese e poi all’italiano. Anche in questo caso, quindi, la forma resta invariata. Non solo: in italiano il vocabolo singolare medium esiste, e indica quel soggetto bislacco a cui sono attribuiti poteri medianici, non il mezzo di comunicazione.

Ma forse è meglio tornare ai nostri curriculum. Ad maiora?

Comments 17

  • mi piacerebbe conoscere come utilizzebbero ” curriculum”al plurale nelle varie casistiche del discorso.intendo tutti i casi nel plurale dei termini neutri della seconda declinazione ovviamente latina.come pronunciamo? curricula – curriculorum – etc ? declinando-

  • Esauriente, competente, pertinente…..finalmente!

  • Finalmente !
    Una così esaustiva argomentazione non si trova nemmeno andando a vedere cosa dicono quelli dell’ Accademia della Crusca.
    Aggiungo che nel caso questi snob(s) dicessero, come in effetti dicono, “l’ invio dei curricula”, per coerenza, dovrebbero dire “l’invio dei curricolrum”, ma sbaglierebbero comunque giacchè “dei” è insito nel concetto di genitivo “curriculorum”, quindi dovrebbero dire “l’invio curriculorum”. Probabilmente si renderebbero conto di quanto sono ridicoli

  • purtroppo a scuola queste cose non vengono dette. Anche io utilizzavo curricula perchè sono stata ripresa più volte da alcuni amici che hanno studiato al liceo classico e mi sono sentita ignorante a dire curriculum! A questo punto non sarebbe meglio dire curricolo o curriculi visto che il plurale in italiano non è scorretto? GRAZIE PER LA BELLA SPIEGAZIONE!

  • La ringrazio. Finalmente uno strumento utile e capace di supportarmi pubblicamente in quello che da tempo cercavo di sostenere(ovviamente sopportando innumerevoli segnali di malcelato sdegno).
    Saluti
    AB

  • Un esempio rappresenta la parola italiana BRAVO acquisita nell’ambito dello spettacolo in moltissime lingue.
    Il pubblico grida BRAVO! A Carla Fracci o Laura Pausini, o alle ragazze acrobate del circo.
    Bravo in inglese, francese, giapponese, significa bravo, brava, bravi, brave.

  • “Sempre che si siano raggiunti i rispettivi quora (quorum)”
    Ebbene, nell’articolo parla della moda di far sfoggio di una cultura nozionistica… dopodiché è il primo a farlo, elencando una serie di espressioni latine vere o presunte che sono entrate nell’italiano. Tutto molto bello finché si giunge alla frase incriminata: “quorum” è genitivo plurale di qui,quæ, quod, quindi il supposto plurale “quora” fa crollare come un castello di carte l’esibizione gratuita di termini latini.
    Detto questo, concordo con la sostanza dell’articolo, ma attenzione a scivolare sulle bucce di banana.

  • Bellissimo articolo. Colto e divertente.

    • Non direi così. La dottoressa Setti (non l’Accademia) ha scritto quel commento ventuno anni fa. Lo ha poi aggiornato nel 2015 riconoscendo prima di tutto come le fonti linguistiche siano in disaccordo con lei, poi riportando l’uso invariabile di curriculum, e infine definendo “preferibile” l’uso declinato al latino senza fornire alcuna motivazione linguistica. Fortunatamente il presidente dell’Accademia della Crusca, Claudio Marazzini, che ho citato in questo articolo, ha chiarito la questione concisamente e bene nel suo libro del 2018.

    • Leggendo il libro di Marazzini, presidente dell’Accademia della Crusca dal 2014 al 2023 e ora presidente onorario, citato in questo articolo, c’è una risposta esaustiva. Anche nel commento precedente.

      • Ed invece proprio Claudio Marazzini, nel 2022, riferisce:
        […]Potrebbe dire ai miei colleghi che le parole straniere al plurale restano invariate, se figurano nel dizionario italiano?
        «Senz’altro. Quindi le “royalty”, non “royalties”, come “film” e “bar”. Ammetterei un’eccezione facoltativa per “curricula”, plurale del latino “curriculum”».

        https://www.corriere.it/cronache/22_ottobre_24/accademia-crusca-pubblica-primo-volume-il-grande-pubblico-ma-ormai-puntiamo-web-c4f8f00a-53d2-11ed-a67a-b07760455bf9.shtml

        • Il contesto non è mai secondario.

          Quella è una intervista, non una pubblicazione accademica o un libro come quello citato qui. Il giornalista elenca una serie di neologismi, curiosità, parole esotiche, locuzioni particolari. Marazzini risponde liberamente alle varie domande che gli vengono poste.

          Alla domanda del giornalista «potrebbe dire ai miei colleghi che le parole straniere al plurale restano invariate?», lui risponde: «senz’altro. […] Ammetterei un’eccezione facoltativa per “curricula”». Ammetterei: verbo condizionale, che prevede una condizione sottointesa (alla stregua di “se proprio insiste”, di “casomai” o di “rispetto alle altre opzioni”). Eccezione: elemento che si discosta dalla regola, chiaramente contraria. Facoltativa: caratteristica opzionale, non obbligatoria, eventualmente concessa.

          Come dargli torto? Nel mezzo degli altri esempi, alcuni invero perturbanti, l’unica eccezione che si potrebbe facoltativamente ammettere è in effetti proprio curricula. Nelle lingue vive non si può dire che esistano diveti assoluti, specie quando si ha a che fare con scelte coscienti dell’autore, finalizzate a uno scopo preciso e consapevole.

          Nel libro dello stesso Marazzini “L’italiano è meraviglioso: come e perché dobbiamo salvare la nostra lingua” (p. 134, Rizzoli, 2018, ISBN 9788817099714), la risposta è ben più contestualizzata e categorica: «alcuni penseranno che i curriculum in italiano sia scorretto. Costoro non hanno ragione, perché vige la regola che le parole straniere (quelle più comuni), siano esse inglesi o francesi o latine, restano invariate al plurale». Per chi non ha il libro sotto mano, la citazione quasi intera è visibile anche su Google Books: https://books.google.it/books?id=RSdWDwAAQBAJ&pg=PT134 .

          Le differente ponderatezza e autorevolezza di un libro e di una intervista è chiara a tutti noi, penso.

          In ogni caso, le opinioni contano sempre relativamente, sia quelle dei giornalisti, sia quelle dei linguisti. L’italiano è una lingua viva e come tutte le lingue vive è plasmata dai parlanti. Se da domani il plurale curricula diventasse prevalente, allora si direbbe curricula. Per ora non è così e non lo è mai stato. Dato ciò, non c’è alcuna ragione linguistica e nemmeno di economia lessicale per usare la forma latina che, al contrario, si oppone alla regola generale.

          Quale sarebbe la ragione “cosciente, finalizzata a uno scopo preciso e consapevole” per romperla? Probabilmente solo quella di mostrare a chi ci legge che abbiamo studiato, male, il latino. Il che mi pare, già di per sé, un ottimo motivo per evitare di farlo.

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