La statua di Indro Montanelli è lì a simboleggiare la libertà di stampa, la resistenza all’attentato subìto, la sua direzione “ostinata e contraria” verso il potere, la coerenza e onestà professionale, il suo aver divulgato la storia in una Italia semi analfabeta come nessuno prima di lui, lo stare dalla parte del lettore prima che del padrone anche quando fare ciò era da folli.
Quella statua non è lì per difendere ciò che di esecrabile ha fatto nel 1936, né l’autoindulgenza che ebbe da anziano verso la propria gioventù fascista. Ma tutto il resto, che è sciocco dimenticare.
Siamo le nostre contraddizioni. Siamo ipocriti, spregevoli e spesso anche autoindulgenti. Ma alla fine ai posteri resta il riassunto della nostra esistenza.
Fabrizio De André è stato un padre borghese, alcolista e spesso violento coi figli (chiedetelo a Cristiano), eppure è immortale per come ha descritto e difeso gli ultimi. Montanelli, da sponde diversissime, diede per decenni voce alle minoranze e fu contro. Eppure entrambi mostrarono grandi contraddizioni fra pubblico e privato.
Diffondiamo la cultura dell’uguaglianza, la scuola, e non facciamoci prendere dalla violenza.
Solo chi ha paura del futuro non riesce a far pace col passato.